2023
2021
Questo libro postumo racchiude l’estremo pensiero di James Hillman. Non è solo la summa e l’ultimo approdo della riflessione sull’immagine che fin dall’inizio sostanzia la sua idea di anima e tutta la sua psicologia. È anche il testamento, etico e politico, che uno dei massimi pensatori del Novecento ha voluto strenuamente concludere sul letto di morte, restando pensante sino alla soglia finale dell’intelletto, dell’introspezione, della biologia stessa. Vi ha depositato l’ultima immagine, appunto, di sé e del suo sistema psicologico e filosofico. Fin dal pensiero del suo maestro Jung — ma anche del platonismo antico e rinascimentale o dell’islam sufi di Corbin — l’immagine è la materia di cui è fatta l’anima individuale. È allora proprio curando il nostro modo di guardare un’immagine che Hillman ci consegna una nuova terapia dei mali che oggi sempre più affliggono l’anima collettiva. Una Via Verde, immanente alla psiche, per salvare la Terra dalla catastrofe ecologica. Un ritorno alla “Grecia psichica”, al suo principio di laicità, di “inappartenenza”, di tolleranza, contro ogni fondamentalismo. Una riscoperta del “genio femminile”, l’importanza del nuovo e antico potere della donna, del suo ruolo nella composizione dei conflitti psichici, e quindi politici, dinanzi alla “caduta” della civiltà occidentale e alla crisi endemica delle sue economie. È nel settembre 2008, lo stesso mese e anno del crollo di Wall Street, che si svolge il “primo tempo” di questo dialogo con Silvia Ronchey, ispirato dalle immagini dei mosaici di Ravenna. Il suo “secondo tempo”, consumato in punto di morte nell’ottobre 2011, esattamente dieci anni fa, affida all’umanità del terzo millennio un insegnamento reso con la tenacia e la determinazione di un moderno Socrate, a testimoniare quella verità che si scorge ed esprime solo imparando a fermare lo sguardo, per cercare dentro ogni immagine l’ultima immagine. «Come posso io, mentre sto morendo, parlare di immagini, o dell’immagine,o di una immagine come rivelazione di verità? che cosa sanno le immagini? che cosa non sanno? perché vengono a noi?»
Il segreto dell’immagine, una nuova psicologia per curare la nostra anima e quella del mondo, la sfida del pensiero al dolore e alla morte. Il testamento di James Hillman nel suo rivoluzionario libro postumo.
2021
This study reconstructs Hypatia’s existential and intellectual life and her modern Nachleben through a reception-oriented and interdisciplinary approach. Unlike previous publications on thesubject, Hypatia explores all available ancient and medieval sources as well as the history of the reception of the figure of Hypatia in later history, literature, and arts in order to illuminate the ideological transformations/deformations of her story throughout the centuries and recover “the true story”. The intentionally provocative title relates to the contemporary historiographical notion of “false” or “fake history”, as does the overall conceptual and methodological treatment. Through this reception-oriented approach, this study suggests a new reading of the ancient sources that demonstrates the intrinsically political nature of the murder of Hypatia, caused by the phtonos (violent envy) of the Christian bishop Cyril of Alexandria.
2019
“Ancora oggi l’aggettivo ‘bizantino’ viene applicato spregiativamente alle perversioni della politica. Questo libro intende affrancare il bizantinismo dalla mistificazione e dal luogo comune, proponendosi di far emergere il senso del millenario esperimento di Bisanzio nella storia dell’idea di Stato. La basileia di Costantinopoli, superpotenza del medioevo mediterraneo, fu uno stato laico, amministrato secondo il diritto romano da un’élite multietnica, colta e cosmopolita. I documenti dell’esperienza statale di Bisanzio sono un inestimabile vademecum di cultura politica. E la lunga ombra di Bisanzio continua a estendersi sulle vicende contemporanee. Le zone di incandescenza e le faglie d’attrito del nuovo secolo, dai Balcani al Mar Nero, dal Caucaso al Kurdistan, appartengono non a caso al territorio che dall’impero multietnico della Seconda Roma passò a quello della Terza Roma, Mosca: all’impero zarista e poi sovietico. Mancava nel panorama editoriale italiano un libro impostato secondo gli standard della moderna storiografia, intellettualmente avvincente ma compatto e funzionale alle esigenze di chi studia, e che fornisca anzitutto una descrizione sincronica, chiara ed efficace, delle idee evolutive dello stato bizantino. A questa esigenza intende rispondere il libro di Silvia Ronchey, articolato in tre sezioni, l’ultima delle quali dedicata all’influsso che le forme ideologiche e le funzioni organizzative del mondo bizantino hanno prodotto nei secoli successivi.” (Dalla quarta di copertina)
2018
Un viaggio nella tradizione rimossa che fin dall'antichità unisce oriente e occidente. Una sfida a leggere, sotto l'attualità, il reticolo sotterraneo di simboli e cicatrici che segnano la storia delle convivenze e delle collisioni tra popoli: in una parola, il passato. Da quali antichissime simbologie proviene la mezzaluna divenuta emblema dell’islam? A quale passato si riallacciano le distruzioni di statue e monumenti dell’Isis e cos’hanno a che fare con l’iconoclastia? In che modo il paganesimo si è ibridato con il cristianesimo? E chi era Cristo? Quali sono le altre facce della sua predicazione, che si innestarono e germogliarono nell’antico oriente, dall’avventura nestoriana a quella buddhista? In quali pieghe della nostra cultura sopravvive la voce dei mistici? Quanto è rimasto nel nostro immaginario di ciò che un tempo si chiamava religio? Quanto c’è di vero nel Trono di spade? In altre parole: quanto passato c’è nel nostro presente e quanto presente nel nostro passato? E quanto oriente c’è nel nostro occidente? Oggi il baricentro del mondo sembra essersi spostato. Per dissipare pregiudizi e malintesi nati da interferenze nella trasmissione dei saperi o da vere e proprie falsificazioni, Silvia Ronchey ci accompagna in questo libro in un viaggio avventuroso alla ricerca del sacro perduto, riportando alla luce una topografia rimossa dalla nostra coscienza storica e dalla nostra identità collettiva. Facendo emergere dal profondo del tempo e della psiche l’edificio sommerso e complesso di ciò che l’uomo contemporaneo ha smarrito: i legami che generano quell’unica civiltà orientale-occidentale in cui oggi, in un tempo di rivolgimenti culturali e migrazioni epocali, siamo globalmente implicati e coinvolti.
2017
Un viaggio nella tradizione rimossa che fin dall'antichità unisce oriente e occidente. Una sfida a leggere, sotto l'attualità, il reticolo sotterraneo di simboli e cicatrici che segnano la storia delle convivenze e delle collisioni tra popoli: in una parola, il passato. Da quali antichissime simbologie proviene la mezzaluna divenuta emblema dell’islam? A quale passato si riallacciano le distruzioni di statue e monumenti dell’Isis e cos’hanno a che fare con l’iconoclastia? In che modo il paganesimo si è ibridato con il cristianesimo? E chi era Cristo? Quali sono le altre facce della sua predicazione, che si innestarono e germogliarono nell’antico oriente, dall’avventura nestoriana a quella buddhista? In quali pieghe della nostra cultura sopravvive la voce dei mistici? Quanto è rimasto nel nostro immaginario di ciò che un tempo si chiamava religio? Quanto c’è di vero nel Trono di spade? In altre parole: quanto passato c’è nel nostro presente e quanto presente nel nostro passato? E quanto oriente c’è nel nostro occidente? Oggi il baricentro del mondo sembra essersi spostato. Per dissipare pregiudizi e malintesi nati da interferenze nella trasmissione dei saperi o da vere e proprie falsificazioni, Silvia Ronchey ci accompagna in questo libro in un viaggio avventuroso alla ricerca del sacro perduto, riportando alla luce una topografia rimossa dalla nostra coscienza storica e dalla nostra identità collettiva. Facendo emergere dal profondo del tempo e della psiche l’edificio sommerso e complesso di ciò che l’uomo contemporaneo ha smarrito: i legami che generano quell’unica civiltà orientale-occidentale in cui oggi, in un tempo di rivolgimenti culturali e migrazioni epocali, siamo globalmente implicati e coinvolti.
La recensione da Alias (Il Manifesto) di Francesco Lubian
Già la genealogia di quest’immagine, che rimanda insieme ad Artemide e alla Vergine, protettrici della Bisanzio pagana e cristiana, intrecciandosi con la leggenda relativa all’eclissi di luna registrata in città durante l’assedio ottomano del maggio 1453, basta a illustrare i tratti dell’Oriente caro all’autrice, docente di Civiltà bizantina: essenzialmente un campo di tensione, in cui da più di un millennio convergono - per convivere o deflagrare - almeno tre culture, quella classica, bizantino-cristiana e islamica. Paradossale emblema di tale sincretismo è lo stesso Cristo: il giovane falegname ebreo Yeoshua, «un punto minuscolo nel mare di parole della letteratura antica», si sovrappone a Mitra, a Dioniso, al sufì indiano Yuz Asaf e allo stesso Buddha, mentre per converso l’assimilazione cristiana di Siddharta, che ancora compare come santo nel Martirologio Romano del 1583, avvenne soprattutto attraverso il Romanzo di Barlaam e Ioasaf. Attraverso percorsi altrettanto tortuosi, sarà invece l’icona a esercitare un decisivo impulso sullo sviluppo dell’astrattismo novecentesco, conducendo fino alle repliche seriali di Andy Warhol e al blu «inconfondibilmente bizantino» di Yves Klein. Già al termine delle lotte iconoclaste, a Bisanzio le immagini sacre avevano infatti perduto ogni ambizione realistica, assumendo piuttosto lo status di interfaccia fra il visibile e l’invisibile, di «prototipi della figura umana trasfigurata» (così Trubeckoj). L’Oriente della tradizione come prodromo di quello della rivoluzione, dunque: e del resto anche Hugo Ball, nella sua sorprendente fase post-dadaista, scriveva che il socialista e il mistico bizantino sono accomunati almeno da una cosa, il desiderio di abbandonare la cultura borghese alla sua decadenza. È la minaccia dell’Isis ad aver restituito all’attualità molti dei luoghi citati nel libro, che è anche una sorta di carta termografica da cui emergono i nodi culturalmente e politicamente più significativi del Vicino Oriente. La comparazione storica scongiura però i rischi di troppo comodi parallelismi: se infatti il monastero di Santa Caterina sul Sinai, da tempo minacciato dai fondamentalisti, era considerato venerabile dallo stesso Maometto, la distruzione dei Buddha di Bamiyan e delle statue del museo di Mosul trova il suo precedente più prossimo non tanto nell’aniconismo islamico, quanto nel sacco crociato di Bisanzio del 1204, descritto in pagine drammatiche da Niceta Coniata; e del resto lo stesso terrore in full-HD dei videoproclami dello Stato islamico ha molto poco di orientale, costruito com’è a misura del pubblico occidentale abituato agli stilemi dell’horror movie. Il luogo per eccellenza dell’incontro fra Oriente e Occidente rimane la città dai tre nomi, Bisanzio-Costantinopoli-Istanbul: la sua immagine «lunare e femminile» palpita ovunque nel libro, anche quando il suo nome appare solo di sfuggita, come nelle scarne note del diario di Patrick Leigh Fermor, che pure ne aveva fatto la meta del viaggio attraverso l’Europa degli anni Trenta che egli impiegò tutta la vita a raccontare. L’Occidente, non solo quello postmoderno per il quale il passato è ormai indistinguibile dalla sua ibridazione messa in scena da Game of Thrones, è stato spesso incapace di riconoscere l’autentico volto dell’Oriente, da un lato proiettandovi i suoi stessi mali e dall’altro cercando in esso le vie del loro riscatto; indagando «il passato con gli occhi del presente e il presente con gli occhi del passato», Silvia Ronchey guida i lettori alla decifrazione dei rintocchi della cathédrale engloutie (il titolo è debitore di Debussy), ricostruendo frammenti di una storia che, da sempre, è anche la nostra.
2017
“La Flagellazione di Piero della Francesca è uno dei quadri più straordinari della pittura occidentale. È anche un enigma, che molti hanno tentato invano di risolvere. Dopo anni di ricerche, Silvia Ronchey propone una tesi rivoluzionaria sul significato del dipinto. La espone in una sorta di detective story ricca di rivelazioni e colpi di scena. I protagonisti sono papi, cardinali, agenti segreti, torbidi signori rinascimentali, una dinastia imperiale raffinata e esausta, il sultano Mehmet II, una principessa iniziata ai rituali pagani e poi assassinata, sommi pittori, da Pisanello a Jan Van Eyck, spie russe e, come un ragno al centro della tela, il genio politico dell'ultimo grande bizantino, Bessarione.
La chiave sta nella tragedia che ha segnato le origini dell'età moderna: la fine dell'impero di Bisanzio con la caduta di Costantinopoli nelle mani dei turchi, nel 1453, un 11 settembre immensamente più devastante, sigillo dello scontro di civiltà fra cristianesimo e islam. Il celebre quadro di Urbino è per Silvia Ronchey il manifesto dell'ambizioso progetto politico che stava maturando nell'Italia della metà del Quattrocento: l'estremo tentativo di salvare la civiltà bizantina, garantendole sopravvivenza in occidente. Il progetto fallì e il corso degli eventi prese un'altra direzione. Ma senza conoscere questa sotterranea operazione politica inghiottita dalla storia non si può cogliere il senso della Flagellazione di Urbino, né quello di molte altre opere d’arte che segnano, tra Quattro e Cinquecento, l’inizio del Rinascimento europeo. Attraverso un'attenta ricostruzione delle tracce bizantine lasciate nei dipinti dell'epoca, Silvia Ronchey restituisce ai protagonisti della tavola di Piero il loro vero volto e compone con sapiente gusto narrativo e assoluto rigore filologico una vasta sinfonia in cui riecheggiano le gesta e il valore politico di una civiltà millenaria rimossa dalla memoria dell'Europa.” (Dal risvolto di copertina)
"Convocando intorno alla Flagellazione di Piero della Francesca papi e imperatori, prelati e principesse d'Oriente e d'Occidente, Silvia Ronchey ci costringe a guardarla con occhio nuovo. E ci seduce." (Salvatore Settis)
“Silvia Ronchey ha condotto una indagine vastissima. Insigne bizantinista, la studiosa ha versato in questo libro la sua incomparabile competenza nel settore specifico di studi all’interno di una ricognizione che si avvale di innumerevoli e capillari informazioni inerenti alla storia dell’arte, dell’archeologia, della letteratura, della filosofia. Ne scaturisce un testo di esemplare leggibilità, tutto intessuto di una vivace vena narrativa e di una finezza di scrittura che hanno pochi termini di confronto nella produzione attuale.” (Claudio Strinati)
“Un libro che è un atto di amore per il mondo bizantino, ma che nel contempo ci fornisce un quadro del nostro mondo così variegato nel suo declinarsi a oriente e a occidente; ci offre una scrittura capace di dipingere una sensibilità da noi ormai smarrita ma iscritta nel nostro codice culturale; ci propone lo svelamento di un quadro; ma in realtà ci mostra quello che la nostra civiltà era cinquecento anni fa e i tesori di cui potremmo nuovamente godere se solo accettassimo di guardare il mondo anche con gli occhi degli altri, se rinunciassimo a fermarci alle apparenze, se lasciammo spazio alla concretezza che ogni sogno, come quello di Bessarione, porta con sé.” (Enzo Bianchi)
“Dipanando un materiale immenso, Silvia Ronchey svela questa trama con una avvolgente abilità nel trascinare il lettore. E mostra la presenza cospicua di Bisanzio nella Flagellazione di Piero con dati sicuri, incontrovertibili. La ricchezza del libro è nel cercare il cuore del segreto, quasi settario, iniziatico, di un quadro con ampi movimenti concentrici, che ci portano a conoscere tante realtà storiche, geografiche, artistiche, filosofiche, politiche, dinastiche, nel delicatissimo momento del trapasso dal medioevo all’età moderna.” (Giuseppe Conte)
Sussidi al testo
Poiché tutte le informazioni, le discussioni, le dissertazioni necessarie a soddisfare su ciascun punto del testo una genuina e sana curiosità scientifica non potevano trovare posto nell'edizione stampata del regesto, si è scelto di fornirne l'editio maior, ossia il vero e proprio apparato scientifico, addirittura fuori dal libro. Al lettore si offrono, inoltre, alcuni materiali scaricabili o consultabili con l'intenzione di fornire un spunto di approfondimento delle ricerca e delle fonti.
Regesto maior online
Nel Regesto Maior online chi lo desidera troverà allineate tutte le fonti, primarie e secondarie; esaminate e discusse in dettaglio tutte le prove; squadernato l'intero dossier indiziario di quest'indagine; messo a nudo l'ordito di testimonianze, di ipotesi di congetture che sono il rovescio e il sostegno della trama del libro.
E disponibile la versione Pdf scaricabile.
Lista delle abbreviazioni
Perché il lettore possa sciogliere agevolmente le sigle e le abbreviazioni usate nei rimandi bibliografici interni al Regesto Maior online, viene fornita in questa sede anche la Lista delle abbreviazioni già stampata nel libro.
Guillaume Dufay, Basilissa ergo gaude.
È il mottetto di cui viene fornito il testo nel volume (esecutori: Altus: D. Cordier, P. Adam, K. Wessel; Tenor W. Jochens).
Una seconda registrazione più rara (esecutori: Huelgas ensemble, dir. Paul Van Nevel), è accessibile da qui.
Nota: «Here is Dufay's motet "Vasilissa ergo gaude". Please take into account that the people on this recording did it too slow and made it sound more sad than necessary." (Albrecht Berger).
2016
2015
Eustathii Thessalonicensis Exegesis in canonem iambicum pentecostalem
2014
2013
2013
“In questa nuova conversazione con Silvia Ronchey, che segue quella uscita nel 1999 con il titolo L’anima del mondo, il grande psicologo e filosofo americano James Hillman celebra «i piaceri del pensiero, la passione delle idee, l’erotismo della mente». Sono i piaceri perseguiti con dedizione nel corso di una lunga vita operosa, che scorre davanti agli occhi del lettore in una sorta di autobiografia per immagini: gli anni dell’università alla Sorbona e al Trinity College di Dublino, in cui i caffè di Parigi e i pub irlandesi divengono lo scenario di appassionati dialoghi filosofici; il decisivo apprendistato con Carl Gustav Jung a Zurigo; il momento rivelatore in cui il vecchio Hillman, nella soffitta di casa, ritrova le pagelle della scuola elementare e scopre — o meglio ricorda — che da piccolo prendeva brutti voti in calligrafia, come se non volesse farsi leggere, non volesse diventare scrittore… E, guidato e stimolato da Silvia Ronchey, Hillman offre le sue riflessioni su alcuni temi centrali del suo pensiero: l’Anima del Mondo come organismo vivente che trascende la nostra individualità (perché, come sosteneva Jung, la psiche non è dentro di noi: siamo noi dentro la psiche), il Daimon che ci mostra ciò che dobbiamo diventare, la vecchiaia come rivelazione del carattere, il mito come origine e spiegazione del mondo, la depressione come incarnazione moderna dell’«umor melancolico» e metodo per ribellarci al consumismo che ci soffoca, la Bellezza e la Giustizia come unici scopi della politica, perché una politica che «non tende alla Bellezza e alla Giustizia […] è semplicemente una politica povera, cattiva e perfino diabolica». E’ un pensiero provocatorio e proprio per questo illuminante, un pensiero che ha la forza e la profondità per spingerci a cercare le risposte alle domande cruciali della nostra esistenza.” (Dal risvolto di copertina)
2011
"Flaubert et sa robe de chambre écarlate, Borges qui voyait le paradis comme une bibliothèque, Pythagore qui caressait les ours. Et saint Augustin, Balzac, Marc Aurèle, Freud, Kerouac, Thérèse d'Avila, Voltaire, Zénon, Schopenhauer, Sénèque... Ces micro-biographies sont autant de médaillons emblématiques et inattendus de l'esprit et du style d'un auteur. Chaque portrait est une mosaïque de citations, de détails insoupçonnés, minutieusement choisis par Silvia Ronchey, retaillés, enchâssés, comme les fragments épars d'une vaste fresque où sont réunies les plus grandes figures de la pensée et des lettres." (Dalla quarta di copertina)
2010
2010
“La Flagellazione di Piero della Francesca è uno dei quadri più straordinari della pittura occidentale. È anche un enigma, che molti hanno tentato invano di risolvere. Dopo anni di ricerche, Silvia Ronchey propone una tesi rivoluzionaria sul significato del dipinto. La espone in una sorta di detective story ricca di rivelazioni e colpi di scena. I protagonisti sono papi, cardinali, agenti segreti, torbidi signori rinascimentali, una dinastia imperiale raffinata e esausta, il sultano Mehmet II, una principessa iniziata ai rituali pagani e poi assassinata, sommi pittori, da Pisanello a Jan Van Eyck, spie russe e, come un ragno al centro della tela, il genio politico dell'ultimo grande bizantino, Bessarione.
2010
Le voci di centocinquanta testimoni, tra poeti, viaggiatori, filosofi, esploratori, eruditi, pellegrini, avventurieri di ogni nazionalità ed epoca, accostate come in un mosaico variegato e scintillante, compongono l’eterno «romanzo» di Costantinopoli. Da Procopio a Le Corbusier, da Paolo Silenziario a Mandel’stam, da Psello a Dos Passos, da Anna Comnena a Flaubert, da Ibn Battuta a Gide, da Gilles a Loti, da Grelot a Melville, da Andersen a Cocteau, da Chateaubriand a Fermor, da De Amicis a Mark Twain, da Byron a Yeats, da Nerval a Pamuk, narrazioni e descrizioni si snodano attraverso la Roma d’Oriente in dieci percorsi: un inconsueto itinerario topografico che è anche un viaggio nel tempo e nei segreti di un’eredità storica, artistica e culturale, quella bizantina. Ogni percorso è illustrato da una mappa-itinerario e da un’introduzione scientifico-narrativa ai monumenti e ai luoghi, che fornisce anche indicazioni precise per rintracciarli nel «labirinto» dell’antica Città. Un breve apparato di note, un’indispensabile quanto aggiornata bibliografia e un supplemento biografico con i profili di tutti gli autori convocati completano il volume, corredato inoltre da piú di centocinquanta immagini tra disegni, incisioni, foto d’epoca e mappe. (Dalla quarta di copertina)
2009
Apuleio, coi “capelli lunghi, spioventi sulla fronte”; Catullo “cosí giovane, cosí provinciale, cosí studioso”; Flaubert, con la sua vestaglia scarlatta, le sue reliquie, il suo divano alla turca su cui fuma meditando la pipa; Ildegarda di Bingen, che a quarantadue anni e sette mesi vede una luce di fuoco proveniente dal cielo, che pervade il suo petto come una fiamma. E poi Agostino, Balzac, Freud, Pitagora, Teresa D’Avila, Voltaire, Zenone...Silvia Ronchey narra le vite di sessantacinque uomini e donne illustri come se li avesse conosciuti intimamente. Che cos’hanno in comune questi personaggi? Un segreto, rivelato in fondo al libro. Così che ognuna potrà leggersi come un bellissimo racconto, un sapiente profilo o una sfida al lettore. Sono vere queste vite? Sono piú che vere: come il guscio di una tartaruga non aderisce al corpo, ma lo ricopre e lo illustra, cosí i ritratti rivestono le esistenze senza combaciare veramente, ma le proteggono e le illuminano di scaglie di saggezza, restituendo loro una marmorea freschezza. (Dalla quarta di copertina)
"L'immagine della tartaruga — avvolta, protetta e insieme ingentilita dal suo guscio — richiama la possibilità insita in ogni corazza: non solo strumento di difesa in guerra, ma anche splendore nel quotidiano, esaltazione della povera esistenza lì racchiusa. Pensare alle persone illustri come scaglie di un coriaceo mosaico che nel corso dei secoli hanno protetto e abbellito il genere umano è un rimando all'arte di cogliere il tutto nel frammento, del valorizzare le tessere di un mosaico che l'occhio può comprendere solo se il cuore è capace di anticipargli la visione dell'insieme." (Enzo Bianchi)
"Silvia Ronchey è una lettrice infaticabile. E forse anche per questo il suo ultimo libro ha un modello principale, la Biblioteca di Fozio. Interferiscono ovviamente anche altri modelli collaterali, tra cui, in tacita ma ben visibile contrapposizione sin dal titolo, le Vite immaginarie di Marcel Schwob." (Luciano Canfora)
"Sessantacinque incantevoli ritratti che nascondono un segreto, rivelato in fondo al libro. Cosí che ognuno di loro potrà leggersi come un bellissimo racconto, un sapiente profilo o una sfida al lettore. Aggirarsi in questo libro significa fare incontri folgoranti con gente che pensavamo di conoscere fin troppo bene, ma ci sbagliavamo. Si veda la vita di Catullo, «il cucciolo» come traduce in modo filologicamente impeccabile l’autrice: dove fra l’altro ci si chiede cosa fosse davvero quel passero di cui la sua fanciulla tanto si deliziava, e si dà una risposta che al liceo non era prevista. Ma la formula è buona anche perché permette di far dialogare fra loro autori che nella vita vera non hanno avuto l’occasione di farlo: così, se per Baudelaire «amare le donne intelligenti è un piacere da pederasta», ecco che André Gide (il quale appunto «fu uno scrittore, un viaggiatore, un memorialista, un pederasta») gli ribatte: «All’uomo è necessaria molta intelligenza per non restare, con uguali qualità morali, sensibilmente inferiore alla donna»." (Alessandro Barbero)
"Le sessantacinque vite accostate per simpatia o per caso da Silvia Ronchey compongono un mosaico-carapace che racconta l’essenziale ma chiede di essere compreso oltre la lettera. Chi lo vorrà, dopo aver risposto a tre indovinelli sul sito di Nottetempo, capirà in che senso." (Nicoletta Tiliacos)
"Il guscio della tartaruga è il segreto di queste vite: è più largo del corpo della tartaruga, lo ricopre, lo adorna, lo protegge, lo nasconde, lo trasporta, lo tramanda. Il guscio è coperto a sua volta da un mosaico di scaglie, che insieme formano la corazza, lo scudo della altrimenti povera esistenza della tartaruga." (Ginevra Bompiani, dalla “Nota dell’editore” )
2007
“La Flagellazione di Piero della Francesca è uno dei quadri più straordinari della pittura occidentale. È anche un enigma, che molti hanno tentato invano di risolvere. Dopo anni di ricerche, Silvia Ronchey propone una tesi rivoluzionaria sul significato del dipinto. La espone in una sorta di detective story ricca di rivelazioni e colpi di scena. I protagonisti sono papi, cardinali, agenti segreti, torbidi signori rinascimentali, una dinastia imperiale raffinata e esausta, il sultano Mehmet II, una principessa iniziata ai rituali pagani e poi assassinata, sommi pittori, da Pisanello a Jan Van Eyck, spie russe e, come un ragno al centro della tela, il genio politico dell'ultimo grande bizantino, Bessarione.
La chiave sta nella tragedia che ha segnato le origini dell'età moderna: la fine dell'impero di Bisanzio con la caduta di Costantinopoli nelle mani dei turchi, nel 1453, un 11 settembre immensamente più devastante, sigillo dello scontro di civiltà fra cristianesimo e islam. Il celebre quadro di Urbino è per Silvia Ronchey il manifesto dell'ambizioso progetto politico che stava maturando nell'Italia della metà del Quattrocento: l'estremo tentativo di salvare la civiltà bizantina, garantendole sopravvivenza in occidente. Il progetto fallì e il corso degli eventi prese un'altra direzione. Ma senza conoscere questa sotterranea operazione politica inghiottita dalla storia non si può cogliere il senso della Flagellazione di Urbino, né quello di molte altre opere d’arte che segnano, tra Quattro e Cinquecento, l’inizio del Rinascimento europeo. Attraverso un'attenta ricostruzione delle tracce bizantine lasciate nei dipinti dell'epoca, Silvia Ronchey restituisce ai protagonisti della tavola di Piero il loro vero volto e compone con sapiente gusto narrativo e assoluto rigore filologico una vasta sinfonia in cui riecheggiano le gesta e il valore politico di una civiltà millenaria rimossa dalla memoria dell'Europa.” (Dal risvolto di copertina)
"Convocando intorno alla Flagellazione di Piero della Francesca papi e imperatori, prelati e principesse d'Oriente e d'Occidente, Silvia Ronchey ci costringe a guardarla con occhio nuovo. E ci seduce." (Salvatore Settis)
“Silvia Ronchey ha condotto una indagine vastissima. Insigne bizantinista, la studiosa ha versato in questo libro la sua incomparabile competenza nel settore specifico di studi all’interno di una ricognizione che si avvale di innumerevoli e capillari informazioni inerenti alla storia dell’arte, dell’archeologia, della letteratura, della filosofia. Ne scaturisce un testo di esemplare leggibilità, tutto intessuto di una vivace vena narrativa e di una finezza di scrittura che hanno pochi termini di confronto nella produzione attuale.” (Claudio Strinati)
“Un libro che è un atto di amore per il mondo bizantino, ma che nel contempo ci fornisce un quadro del nostro mondo così variegato nel suo declinarsi a oriente e a occidente; ci offre una scrittura capace di dipingere una sensibilità da noi ormai smarrita ma iscritta nel nostro codice culturale; ci propone lo svelamento di un quadro; ma in realtà ci mostra quello che la nostra civiltà era cinquecento anni fa e i tesori di cui potremmo nuovamente godere se solo accettassimo di guardare il mondo anche con gli occhi degli altri, se rinunciassimo a fermarci alle apparenze, se lasciammo spazio alla concretezza che ogni sogno, come quello di Bessarione, porta con sé.” (Enzo Bianchi)
“Dipanando un materiale immenso, Silvia Ronchey svela questa trama con una avvolgente abilità nel trascinare il lettore. E mostra la presenza cospicua di Bisanzio nella Flagellazione di Piero con dati sicuri, incontrovertibili. La ricchezza del libro è nel cercare il cuore del segreto, quasi settario, iniziatico, di un quadro con ampi movimenti concentrici, che ci portano a conoscere tante realtà storiche, geografiche, artistiche, filosofiche, politiche, dinastiche, nel delicatissimo momento del trapasso dal medioevo all’età moderna.” (Giuseppe Conte)
Sussidi al testo
Poiché tutte le informazioni, le discussioni, le dissertazioni necessarie a soddisfare su ciascun punto del testo una genuina e sana curiosità scientifica non potevano trovare posto nell'edizione stampata del regesto, si è scelto di fornirne l'editio maior, ossia il vero e proprio apparato scientifico, addirittura fuori dal libro. Al lettore si offrono, inoltre, alcuni materiali scaricabili o consultabili con l'intenzione di fornire un spunto di approfondimento delle ricerca e delle fonti.
Regesto maior online
Nel Regesto Maior online chi lo desidera troverà allineate tutte le fonti, primarie e secondarie; esaminate e discusse in dettaglio tutte le prove; squadernato l'intero dossier indiziario di quest'indagine; messo a nudo l'ordito di testimonianze, di ipotesi di congetture che sono il rovescio e il sostegno della trama del libro.
E' disponibile la versione Pdf scaricabile.
Lista delle abbreviazioni
Perché il lettore possa sciogliere agevolmente le sigle e le abbreviazioni usate nei rimandi bibliografici interni al Regesto Maior online, viene fornita in questa sede anche la Lista delle abbreviazioni già stampata nel libro.
Guillaume Dufay, Basilissa ergo gaude.
È il mottetto di cui viene fornito il testo nel volume (esecutori: Altus: D. Cordier, P. Adam, K. Wessel; Tenor W. Jochens).
Una seconda registrazione più rara (esecutori: Huelgas ensemble, dir. Paul Van Nevel), è accessibile da qui.
Nota: «Here is Dufay's motet "Vasilissa ergo gaude". Please take into account that the people on this recording did it too slow and made it sound more sad than necessary." (Albrecht Berger).
2006
“La Flagellazione di Piero della Francesca è uno dei quadri più straordinari della pittura occidentale. È anche un enigma, che molti hanno tentato invano di risolvere. Dopo anni di ricerche, Silvia Ronchey propone una tesi rivoluzionaria sul significato del dipinto. La espone in una sorta di detective story ricca di rivelazioni e colpi di scena. I protagonisti sono papi, cardinali, agenti segreti, torbidi signori rinascimentali, una dinastia imperiale raffinata e esausta, il sultano Mehmet II, una principessa iniziata ai rituali pagani e poi assassinata, sommi pittori, da Pisanello a Jan Van Eyck, spie russe e, come un ragno al centro della tela, il genio politico dell'ultimo grande bizantino, Bessarione.
2004
“In questa nuova conversazione con Silvia Ronchey, che segue quella uscita nel 1999 con il titolo L’anima del mondo, il grande psicologo e filosofo americano James Hillman celebra «i piaceri del pensiero, la passione delle idee, l’erotismo della mente». Sono i piaceri perseguiti con dedizione nel corso di una lunga vita operosa, che scorre davanti agli occhi del lettore in una sorta di autobiografia per immagini: gli anni dell’università alla Sorbona e al Trinity College di Dublino, in cui i caffè di Parigi e i pub irlandesi divengono lo scenario di appassionati dialoghi filosofici; il decisivo apprendistato con Carl Gustav Jung a Zurigo; il momento rivelatore in cui il vecchio Hillman, nella soffitta di casa, ritrova le pagelle della scuola elementare e scopre — o meglio ricorda — che da piccolo prendeva brutti voti in calligrafia, come se non volesse farsi leggere, non volesse diventare scrittore… E, guidato e stimolato da Silvia Ronchey, Hillman offre le sue riflessioni su alcuni temi centrali del suo pensiero: l’Anima del Mondo come organismo vivente che trascende la nostra individualità (perché, come sosteneva Jung, la psiche non è dentro di noi: siamo noi dentro la psiche), il Daimon che ci mostra ciò che dobbiamo diventare, la vecchiaia come rivelazione del carattere, il mito come origine e spiegazione del mondo, la depressione come incarnazione moderna dell’«umor melancolico» e metodo per ribellarci al consumismo che ci soffoca, la Bellezza e la Giustizia come unici scopi della politica, perché una politica che «non tende alla Bellezza e alla Giustizia […] è semplicemente una politica povera, cattiva e perfino diabolica». E’ un pensiero provocatorio e proprio per questo illuminante, un pensiero che ha la forza e la profondità per spingerci a cercare le risposte alle domande cruciali della nostra esistenza.” (Dal risvolto di copertina)
2003
“Lo scheletro di Giorgio Gemisto Pletone [...] è murato nel fianco del Tempio Malatestiano, avvolto in un tappeto di lana purpurea, con accanto la sua cappa di taffetà nero. A far portare in Italia le spoglie di Gemisto per deporle a Rimini era stato Sigismondo Pandolfo Malatesta, durante l'ultima crociata contro i turchi, condotta nel Peloponneso tra il 1464 e il 1466.” (Dal saggio "Giorgio Gemisto Pletone e i Malatesta" di Silvia Ronchey).
Il volume raccoglie gli atti del ciclo di conferenze tenute a Rimini tra il 22 novembre e il 20 dicembre 2002, con interventi di Silvia Ronchey, Cesare Vasoli, Monica Centanni, Marco Bertozzi, Antonio Panaino.
2002
“Ancora oggi l’aggettivo ‘bizantino’ viene applicato spregiativamente alle perversioni della politica. Questo libro intende affrancare il bizantinismo dalla mistificazione e dal luogo comune, proponendosi di far emergere il senso del millenario esperimento di Bisanzio nella storia dell’idea di Stato. La basileia di Costantinopoli, superpotenza del medioevo mediterraneo, fu uno stato laico, amministrato secondo il diritto romano da un’élite multietnica, colta e cosmopolita. I documenti dell’esperienza statale di Bisanzio sono un inestimabile vademecum di cultura politica. E la lunga ombra di Bisanzio continua a estendersi sulle vicende contemporanee. Le zone di incandescenza e le faglie d’attrito del nuovo secolo, dai Balcani al Mar Nero, dal Caucaso al Kurdistan, appartengono non a caso al territorio che dall’impero multietnico della Seconda Roma passò a quello della Terza Roma, Mosca: all’impero zarista e poi sovietico. Mancava nel panorama editoriale italiano un libro impostato secondo gli standard della moderna storiografia, intellettualmente avvincente ma compatto e funzionale alle esigenze di chi studia, e che fornisca anzitutto una descrizione sincronica, chiara ed efficace, delle idee evolutive dello stato bizantino. A questa esigenza intende rispondere il libro di Silvia Ronchey, articolato in tre sezioni, l’ultima delle quali dedicata all’influsso che le forme ideologiche e le funzioni organizzative del mondo bizantino hanno prodotto nei secoli successivi.” (Dalla quarta di copertina)
2001
”La psiche come anima mundi, l’anima del mondo prima stoica e poi neoplatonica, esiste, ha scritto Hillman, ‘da quando esiste il mondo stesso, e quindi l’altro compito della psicologia è ascoltare la psiche che parla attraverso tutte le cose del mondo, recuperando in questo modo il mondo come luogo per l’anima e dell’anima’. Come ha scritto il poeta-filosofo americano Wallace Stevens, ‘è più difficile trovare la via attraverso il mondo che la via al di là del mondo’. In questo senso, dinanzi a qualsiasi discorso religioso e di fronte al rischio sempre presente di confusione tra psicanalisi e discipline spirituali, Hillman continuamente rivendica e puntualizza la sua specificità di psicologo, e cioè scrutatore e geografo del cammino terrestre della psiche, o suo, come scrive, patografo.” (Da “La passione di Hillman per l’anima”, postfazione di Silvia Ronchey)
2001
1999
”L'aristocrazia bizantina, indagine storica, filologica, diplomatica e sigillografica che Kazhdan e Ronchey hanno condotto insieme per dieci anni, si basa sull'analisi completa delle fonti letterarie, ma anche sull'enorme e mai tentato vaglio statistico delle carriere delle quattrocento più importanti famiglie dell'impero tra il mille e il milleduecento.
1999
1994
”La grande fortuna di Ipazia in poesia e in letteratura [...] si deve al drammatico contrasto fra l'essere donna e l'essere coinvolta in due vicende entrambe virili: la filosofia e una morte violenta, tanto da divenire un martirio, se pure laico. A far amare Ipazia dai letterati ‘puri’ non è stata certo la sua presunta conversione al cristianesimo ma al contrario la fedeltà al platonismo e all'ellenismo assediato dalla barbarie culturale, all'interno, come da quella etnica all'esterno dell'impero. In questa predilezione completamente laica per Ipazia i poeti moderni hanno stabilito con gli alessandrini un ponte che travalica la restante letteratura.” (Dal saggio “Ipazia, l'intellettuale” di Silvia Ronchey)
1994
“Gli scritti del giovane Bessarione ci sono pervenuti di sua stessa mano, com'è riconosciuto oggi dalla maggior parte degli studiosi e com'è apertamente testimoniato anche dal contemporaneo e amico Niccolò Perotti. Originariamente raccolti in nove manoscritti parziali, rilegati poi in un singolo volume miscellaneo, essi illustrano in approssimativo ordine cronologico anzitutto gli esordi di una carriera di dignitario alla corte degli ultimi regnanti Paleologhi, che risultò troncata dalla catastrofe dell'impero […]. Encomi, allocuzioni ed epicedi di destinazione ecclesiastica e aulica, strofe innografiche, numerose lettere, logoi parenetici e consolatori o storico-geografici come l'Elogio di Trebisonda, unico fra i testi inclusi nel codice ad essere stato oggetto di un'edizione critica, e soprattutto sei poesie funebri finora quasi ignorate, e tuttavia degne di attenzione, definiscono l'iter che Bessarione compì tra i venti e i trentacinque anni dall'una all'altra delle superstiti città imperiali: gli studi grammaticali e religiosi a Trebisonda, il duplice apprendistato retorico-letterario a Costantinopoli e filosofico a Mistrà.” (Dal saggio “Bessarione poeta e l'ultima corte di Bisanzio” di Silvia Ronchey)
1990
“Il Martirio di Policarpo, come tutte le fonti agiografiche, comporta problemi testuali, cronologici, di collocazione storica e di esegesi filologica. Come la letteratura agiografica bizantina, di cui è antesignano, esso obbedisce a esigenze dottrinarie che si esprimono, sul piano formale, in una complessa chiave metaforica. Come la letteratura giudiziaria alessandrina, di cui è epigono, esso racchiude i propri contenuti in un involucro processuale apparentemente neutro, in realtà attraversato dall'ideologia politica.